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ZECCHINÉTTO
s. m.
Gioco d’azzardo che si fa con le carte o con le monete. È detto anche zecchinetta o zichinina. “La variante più comune” – leggiamo su Battaglia XXI, 1064 – “prevede che il mazziere distribuisca a se stesso ed agli altri giocatori una carta, scoprendo via via le altre carte del mazzo fino a trovarne una identica a quella detenuta da un altro giocatore che sarà il vincitore e si aggiudicherà quanto fu inizialmente puntato”. Così spiegato, il gioco non sembra di facile comprensione è infatti impossibile che il gioco si potesse effettuare con un unico mazzo di carte, come pare dalla definizione sopra riportata; in tal caso, infatti, nel mazzo rimasto nelle mani del conduttore dopo la distribuzione di una carta ad ogni giocatore, non ne resterebbe nessuna uguale a quelle distribuite. La spiegazione del gioco, cosìcome fornita dal Battaglia, potrebbe avere un senso solo se si giocasse condue mazzi per cui il mazziere, distribuita ad ogni giocatore una carta dal primo mazzo, lo mettesse da parte e cominciasse a scoprire, ad una ad una, quelle del secondo fino a quando ne uscisse una uguale a quella detenuta da uno degli altri giocatori che sarebbe il vincitore. A proposito di questo gioco abbiamo però anche sentito da Franco Micchi di Sassi una sua diversa illustrazione, con regole richiamanti quello comunemente detto ‘sette e mezzo’. Si può dire che queste prevedono puntate iniziali ed altre ‘alla cieca’ nel corso della partita. Il gioco consiste sostanzialmente in una continua sfida tra chi tiene il banco (‘mazziere’) e gli altri giocatori (uno alla volta) con la vittoria (e l’incasso della posta) per colui cui sarà capitata la carta piùalta (la combinazione più elevata senza “sballare”). Il gioco, essendo d’azzardo, era vietato e ciò veniva ricordato in un apposito cartello (affisso nelle botteghe, nei bar, nelle osterie) nel quale erano elencati, insieme a zecchinetto, tutti gli altri giochi proibiti dall’Autorità. Il vocabolo deriva dal ted. land-sknecht ‘lanzichenecco’ (Devoto-Oli, 2701), perché sarebbero stati questi soldati tedeschi ad introdurre il gioco in Italia nel Cinquecento.