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VÍZZO
agg.
Avvizzito, appassito, cosa o persona che ha perso la sua freschezza. Il vocabolo si ascolta in particolare con riferimento alla pelle delle persone anziane o cotte dal sole, che non si presenta più liscia, ma piena di rughe. Nel canto popolare Ninetta, dal momento che t’ho vista, un anziano spasimante chiede la mano di una giovane donna dicendole d’essersi innamorato di lei fin dal primo momento che la vide, promettendo di farla sua sposa, se ella ricambierà il suo amore. Ma Ninetta rifiuta il maturo dongiovanni, rispondendogli, un po’ impertinentemente: “Io lo vo’ bellino e giovanino / che di notte mi possa baciare / e quando è freddo mi possa scaldare / invece te stai sempre lì a tremare / sei vecchio e vizzo e cosa ne debbo far?”. Dal lat. victius, ‘appassito’ (Devoto-Oli, 267). Battaglia, XXI, 961, propone invece una derivazione dal lat. vietius (comparat. neutro di vietus), ‘più maturo’, a sua volta da viescere, ‘cominciare ad appassire’. Il Diz. Garzanti, 1964 concorda sulla derivazione da vietius comparat. di vietus,ma fa discendere quest’ultimo vocabolo non da viescere,ma da viere ‘legare’.