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RAGAZZÀCCIO
s.m.
Ragazzo,adolescente, giovane. Comunissima espressione, usata senza alcun senso dispregiativo: in ciò, dunque, sta il suo significato, assolutamente diverso dalla comune accezione della nostra lingua nazionale. La parola è normalmente impiegata dalle persone anziane o di mezza età con riferimento a loro stesse, quando erano nel fiore degli anni (quando s’era ragazzacci, s’andava per le selve a coje e la sera a vejo a be’ di’ bicchierotti). Dall’arabo ragfas ‘corriere, guida, messaggero’ (Battaglia, XV, 313). Singolare, in proposito la tesi di Mestica, 1341 che fa derivare ‘ragazzo’ dal basso lat raga (e questo dal greco rake) ‘abito umile’, tipico dei garzoncelli e dei servitori e quindi esteso per indicare i giovani ancora non giunti alla pubertà. Il Diz. Etimol. Rusconi, 815 – dopo aver proposto, in prima ipotesi, un collegamento al lat. radix‘radice’ nel senso figurato di ‘bambino’– ricorda che, secondo alcuni autori, l’etimologia della parola andrebbe ricercata nell’arabo raqqas (plur. raqqais) ‘messaggero’, da cui il lat. mediev. ragatius. I compilatori del Dizionario Rusconi osservano poi che il vocabolo ‘ragazzo’ discenderebbe dal lat. radix, collegabile a ramus ‘ramo’asserendo però esser meglio “concludere con il Prati che ‘ragazzo’ non sembra per ora disposto a svelare l’origine sua”.