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PÒVERO
agg. e s.m.
Persona che non sempre arriva a disporre del necessario per vivere; mendicante, indigente che merita compassione. Il vocabolo viene qui segnalato non solo per l’accezione di cui si dirà immediatamente, ma anche per l’espressione, bellissima – non udita da altre parti, se non in Garfagnana – poveri, noi poveri! ad indicare persone che, già in difficoltà, sono costrette a sopportarne di ulteriori, anche se, ormai, questa locuzione è diventata più che altro un lamento, quasi un’imprecazione generica, slegata dall’originale valore verbale. Come si disse però poc’anzi (ved. supra poro), il termine povero viene usato con grande frequenza a proposito di una persona scomparsa, premesso al suo nome di battesimo o al legame che la univa a chi parla, indicando in tal caso ‘pietà’, nel senso della pietas latina (il povero Bruno; il mi’ povero papà; la mi’ povera mamma). Molto usate sono anche le varianti poro e puirin (quest’ultima peraltro non riferita ai morti, se non come semplice espressione di pietà). Insomma, si potrà sentir dire il povero Francesco e non il puirin Francesco, ma “Lo sai? È morto Francesco.” “Puirin!”. (ved. infra puirin). Dal lat. pauper ‘povero’.