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PÉCIO
agg. avv. e s.m.
Peggiore, peggio, comparat. di ‘cattivo’. Caratteristico è, nel dialetto della gente di Garfagnana, l’uso di pecio come agg. neutro ed invariabile. Si dirà dunque il pecio vin, le pecio cose, la pecio disgrazia, i pecio fungi. Lo si adopera poi, come in italiano, quale avv. nel senso di ‘peggio’ (’un saprei cos’è pecio) e come sost. (è il pecio che mi possi capita’). A volte è impiegato in senso meno spregiativo con riferimento alla minor importanza, di qualcuno o di qualcosa rispetto a qualcos’altro: cfr. Bonini, Mia lascia’ i chiodi ne’ buchi vecchi, 18: “Eppo’ s’avesse levo i pecio Santi” (da intendere, ovviamente, non nel senso dei Santi peggiori, più cattivi, ma in quello di meno noti, meno conosciuti, meno famosi). Nel significato proprio della parola, ved. invece Santini, Drento un confessionale, 64: “i più pecio peccati”. Come si può notare, anche in relazione a tale vocabolo (come per mejo, ved. supra), il dialetto garf. utilizza la locuzione, inaccettabile in italiano, più pecio. Dal lat. peius ‘peggio, peggiore’.