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PA’
s.m.
Padre, babbo, papà, uomo che ha generato dei figli. Il vocabolo, nella forma tronca, ricorre unito al poss. senza l’articolo (mi pa’, tu pa’, ecc.) e come vocativo (Oh, pa’! a volte anche Oh mi’pa’!) mentre, se viene impiegato anche l’articolo, ritorna la forma piana (il mi’ papà; il mi’ povero papà; il papà del dottore). Il linguaggio garfagnino, quando adotta la parola piana, preferisce di solito, rispetto alla forma francesizzante papà, quella toscana babbo. Curiosamente tuttavia la forma tronca, usatissima, è quella ricavata dal vocabolo di origine francese. Ba’, presente, ad esempio, nella parlata romagnola, non esiste nel dialetto della Garfagnana. (Pennacchi, Se artornasse mi’pa’, 69; Il Togno e la Nena, 103: “Quel giorno lì mi pa’ m’eva lasciato / a fa’ il letto pulito alla buscina”; Bonini, Cumprimenti, 86: “E in casa i vosci en tutti quanti fieri? / Voscio pa’, voscia ma’ che fan di bello?”; Santini, Il bimbo malato, 45: “La mamma, almanco dalla sepoltura / fesse che voscio pa’, quel delinquente, / s’aricordasse della su’ creatura”). Dal lat. pater ‘padre’. Per ulteriori precisazioni ved. infra papà.