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GIÀ
avv. e interiez.
Un tempo, una volta, ormai da tempo. Bonini lo utilizza nella poesia Anno Novo, 81 dove dice: “Doman è l’anno novo, Catirina / e spero che m’avrai già preparato / drento la pentolaccia la gallina / per dì che l’anno s’è ben cominciato”; chiosando il sonetto Gian Mirola, osserva che “il poeta in altri casi usa giamò (ved. infra) che forse, rispetto a già, contiene una notazione di urgenza e che, in ogni caso, sembra esser maggiormente diffuso nel dialetto garfagnino”. Il vocabolo viene impiegato (così come in italiano) anche quale interiezione con un senso di blando assenso (già, hai ragion!) o di rafforzamento (già, era destino!): anche in questa seconda accezione è più frequente l’impiego di giamò (ved. infra). Dal lat. iam.