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FRULLÓN 1
s.m.
Il giornale “La Garfagnana” – ove il vocabolo viene dichiarato tipico del dialetto locale – lo definisce con queste parole: “trastullo che sfrutta l’inerzia di una castagna piatta girante al centro di una cordicella doppia che passa per dei fori”. Molto più completa (e comprensibile) è la definizione esplicativa del maestro Poli che qui si riporta: “gioco realizzato dagli stessi partecipanti utilizzando un grosso bottone o una castagna piatta da ambo le parti (quella di mezzo, nel cardo). Vi si fa un buco che la passa da parte a parte e vi si infila un cordino; si annoda, si prendono le due estremità e si dà il senso rotatorio per attorcigliare il cordino. Fatto ciò, si tirano le estremità per disattorcigliare la corda. Il cordino pare diventato elastico e la castagna corre avanti e indietro sinché si vuole. Così si fa anche con il bottone”; il gioco era in voga diversi anni fa: oggi i bambini lo hanno dimenticato, presi da ben altri e più complessi divertimenti. Battaglia, VI, 399 richiama i vocaboli ‘frullo e frullone’, definendoli entrambi ‘balocchi per ragazzi’ e dando del primo (il secondo viene definito solo per relationem) un’illustrazione che non corrisponde al frullon conosciuto in Garfagnana. Il vocabolo è di origine onomatopeica.