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MÉJO
avv., agg. e sost. indecl.
Meglio, migliore (mi sento mejo; questo vin è mejo dell’altro). Come sost. è usato per significare la parte più buona di qualche cosa, la cosa migliore (ho preso il mejo che c’era). Caratteristico del dialetto è l’uso del vocabolo come agg. inv. – cosa meno comune all’italiano (la mejo cosa, il mejo omo. i mejo vini) (Pennacchi, La pulitica, 99: “:..pi’ sui è l’omo mejo che ci sia”; Santini, La centrale elettrica, 16: “Quee rote lì, alla ditta, ’un en mai stanche / di faj l’ischerzo mejo…”). Da sottolineare poi che al dialetto garf. non è ignoto l’impiego della locuzione più mejo, inaccettabile in italiano (Pennacchi, Poveracci e signori, 110: “la sera a vejo / parlàvimo di chi stava più mejo”).Dal lat. melius.