Dizionario garfagnino

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CARBONÀIA

s.f.

Catasta di legna per la preparazione del carbone vegetale. Giordano Rossi (nel libro Il Paese di Chiozza – Ricordi ed emozioni, 46/47) spiega come veniva realizzata: “…(i carbonai) accostavano alcuni randelli che poi legavano in modo da lasciare uno spazio destinato a camera di combustione, che si restringeva a mano a mano che la legna veniva accatastata obliquamente con perizia, formando il camino della carbonaia. Sistemavano in questo modo molti quintali di legna formando un tronco di cono che veniva infine ricoperto di pellicce (ved. infra) e terra. Dall’alto del camino calavano il fuoco (randelli già incendiati) che veniva alimentato per un po’ con altra legna secca calata dall’alto, poi chiudevano il camino mettendovi sopra una grossa piodola(ved. infra). Con un bastone a punta bucavano la base della carbonaia creando delle prese d’aria per dare ossigeno, ma non troppo, indispensabile per la combustione interna. Iniziava il lento processo che portava alla carbonizzazione di gran parte della legna. La carbonaia doveva esser vigilata anche di notte per verificare che non cocesse, come si diceva, chiudendo eventualmente qualche presa d’aria. La carbonaia poi cominciava a calare e, quando lo ritenevano opportuno, togliendo la terra, le pellicce e i tizzi (ved. infra), con molta attenzione scansavano lentamente il carbone che, una volta raffreddato, veniva imballato”, cioè messo dentro balle (ved. supra) che venivano chiuse coi turcijori (ved. infra). Il vocabolo Carbonaia è usato anche come toponimo (a Castelnuovo, ad esempio, è così chiamata l’area posta all’inizio del viale per Torrite).